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La questione di "chi è il filosofo?" ha certamente un rapporto con il tipo di filosofia che ciascun pensatore sceglie o elabora, eppure si riferisce ad un oggetto diverso da quello delimitato dalla domanda: "che cos'è la filosofia?". È una domanda esistenziale (che senso ha essere filosofo?), antropologica (perché l'uomo si dedica alla filosofia?), etica (come deve essere un buon filosofo, che responsabilità ha?). Rispondere a questi interrogativi ha la sua utilità sia per coloro che in qualche modo già hanno intrapreso la "carriera" filosofica, o desiderano farlo, sia per coloro che si sono sempre chiesti perché c'è chi si dedica alla filosofia, forse spinti dalla preoccupazione per la salute mentale di qualche parente stretto. Nell'intraprendere questa indagine è inevitabile rivolgersi ai giganti della storia del pensiero occidentale sulle cui spalle noi, nani, da secoli tentiamo di salire per vedere più lontano, e in particolare a colui che ha elaborato la prima analisi approfondita sulla questione: Platone. Il punto di partenza obbligato è un piccolo rompicapo che due dialoghi platonici, il Sofista e il Politico, pongono al lettore.