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In questo diario di viaggio l'autore, già protagonista di molte altre avventure, racconta la sua sofferenza di uomo solo descrivendo, in una sorta di sintesi psicoanalitica, le sensazioni e le esperienze sperimentate nella solitudine delle sconosciute e inesplorate catene dunari "Plissè" dell'Erg Chech. Quasi fuggendo dalla sua abitazione romana, ove risuonano i rimbrotti di una madre troppo severa e le telefonate ossessive di una moglie matta, l'autore viene catapultato nell'immensità del Sahara. Abbandonati i mezzi di viaggio e il sovraffollamento scomodo dei turisti, nel deserto, il piccolo gruppo di viaggiatori cui l'autore si è unito si immergerà nell'angoscia infinita dello smarrimento. Eppure, in questa scoraggiante desolazione, l'animo dell'autore sembra librarsi e ringiovanire, e nello specchio d'acqua dell'unico pozzo trovato con una zampillante risorgiva nell'infinito di quel desolato deserto ritroverà se stesso.