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Il titolo, "Le mie cartelle cliniche", nonché l'incipit di questa silloge, ossia il primo componimento in cui la poesia appare come il mezzo di comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti, svelano il carattere anticonformista e surreale della scrittura di Ilaria Ravizzoli. Sono componimenti questi in cui si "sente" il dolore della perdita di certezze ma finanche la spinta creativa forte, decisa a capovolgere una lineare visione del mondo per costruirne altri di mondi, di storie, di visioni. Il corpo provato dalla consapevolezza della sofferenza è un tema ricorrente che si cela dietro immagini spesso allusive di una profonda ansia da contaminazione. C'è dunque in queste pagine da un lato la voglia di superare i propri limiti, di affrontare il dolore, ma nello stesso tempo il terrore che esso possa pervadere ogni angolo dell'esistenza, ogni cellula di un'immaginazione ancora incontaminata.