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Uomini come Sebastiano Nela, conosciuto e amato soprattutto dai tifosi della Roma col nomignolo di Sebino, pretendono una sola cosa da se stessi alla soglia dei sessant'anni: non avere vissuto invano. Ha accettato di scrivere la sua autobiografia a una sola condizione, raccontare Sebastiano con la scusa di raccontare Sebino. Mettersi a nudo come mai aveva fatto prima, prima di tutto a se stesso. "Picchia Sebino!" lo incitavano allo stadio: è arrivato il momento di raccontare come Sebastiano è stato picchiato. "L'incredibile Hulk", altro soprannome coniato dai tifosi adoranti, si strappa per l'ultima volta le vesti e si trasforma nell'opposto di un super eroe e, proprio per questo, in un eroe definitivo e definitivamente credibile. Le vittorie, ma soprattutto le sconfitte, gli applausi della gente e gli sfregi del destino, l'abbraccio dei tifosi e gli amori sfortunati, l'impeto e le debolezze, la salute prorompente e la malattia che lo spaventa, la gioia per lui impossibile da manifestare e le lacrime che non si vergogna di versare in pubblico. Sebastiano è uno strano impasto di uomo, gentile e selvaggio allo stesso tempo. In conflitto permanente con se stesso. Ha visto e vede la morte negli occhi, se ne frega dei convenevoli. "La partita più tosta, più ignorante della mia vita? Contro il tumore al colon, un nemico sconosciuto".