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Le guerre rappresentano da sempre uno spartiacque tra un «prima» e un «dopo». Da un lato le attività umane che decrescono in termini di importanza e dall'altro tendenze che subiscono un ingigantimento e una crescita esponenziale. Ed è esattamente ciò che il Coronavirus ha prodotto su un sistema informativo già dominato dall'emozione e dall'istantaneità. In tutto il mondo, da decenni, l'arena politica era stata potentemente trasformata: prima dalla televisione generalista, poi dai social network, e infine dal mix tra vecchi e nuovi media. L'informazione h24, mescolata con l'intrattenimento, ha travolto partiti, linguaggi, classi dirigenti. Da tempo, volenti o nolenti, siamo tutti dentro un immenso talent show, in una chiassosa e permanente diretta multimediale. Questo talent show perenne porta con sé evidenti rischi di superficialità e dilettantismo, con una propensione a votare per la persona con cui si vorrebbe bere un caffè, anziché per l'opzione politica più razionale. E agli eletti può mancare la forza di scegliere soluzioni difficili o programmi impopolari. Ma «è la democrazia, bellezza». Sbaglia un vecchio establishment presuntuoso e spocchioso, più propenso a giudicare il popolo che ad ascoltarlo, a capirlo, a comprenderlo. Questo è il gioco, questa è la nuova agorà e queste sono le sue regole. Daniele Capezzone, che ha conosciuto (e ha lasciato) la trincea della politica attiva, esplora il palco e il retropalco di questo «grande spettacolo» e lo presenta per quello che è, senza pregiudizi, in modo realista e disincantato, tra aneddoti e riflessioni politicamente scorrettissime. Provando a suggerire qualche trucco per proteggerci da tutte le armi di distrazione di massa.