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Definito dalla letteratura critica "il Van Gogh livornese", Mario Puccini incarna la parabola dell'artista "selvaggio", anche a causa della parentesi esistenziale segnata, nell'ultimo decennio dell'Ottocento, dal ricovero nell'ospedale psichiatrico di Siena. Sostenuto e stimato dai protagonisti più illuminati del mercato artistico toscano dell'epoca, da Angelo De Farro a Romolo Monti, da Mario Galli a Gustavo Sforni, l'artista consegue progressivamente un proprio riscatto personale e professionale. Emblema della sua produzione, intrisa di violenti cromatismi e drammi sentimentali, possono considerarsi le numerose versioni delle scogliere del Lazzaretto di Livorno, trasfigurate da vortici di arancio infuocato.