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Arrampicarsi sull'infinito è un percorso fatto di attimi, frammenti, trasparenze, che aiuta a vedere e a leggere dimensioni nascoste al di là dell'ordinaria percezione del reale. Spinge a trascendere le miserie del vivere e a librarsi in un etere più sottile, dove il percorso di vita terreno assume un senso ulteriore. Descrive il dipanarsi di un'esperienza interna, attraverso momenti di consapevolezza sempre più profonda, in cui l'introspezione alimenta l'esperienza mistica e questa esalta l'introspezione, in un cammino che ha qualcosa dell'itinerario della mente verso Dio dei monaci, del processo d'individuazione di Jung, dell'opus alchemico e delle acquisizioni delle pratiche meditative, ove l'Assoluto verso cui si tende non corrisponde a un Dio confessionale, ma a un Dio transconfessionale e plurale, un'intelligenza cosmica, un Deus sive natura da cui tutto si origina e in cui tutto si riassorbe. Il linguaggio poetico cala i sistemi simbolico-idealistici dai cieli dell'astrazione alla carnalità delle emozioni, descrivendo la distillazione dalla pesante oscurità della materia di una scintilla di perfezione originaria, che mira a ricongiungersi con l'Uno-Tutto.