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"Tato" (papà) è un libro diviso in tre parti distinte, tra loro strettamente interconnesse, per sviscerare infine il tema della narrazione. Partendo dal racconto di come è riuscito a sfuggire alla morte in un crepaccio patagonico grazie al compagno Tom Ballard, l'autore inizia a far emeregere il ragionamento sulla responsabilità degli alpinisti verso le persone, dai compagni di avventura agli affetti familiari. La seconda parte narra la sua spedizione allo Jannu nel 2019, in compagnia dei russi S. Nilov e Dmitrij Golovchenko. Una spedizione finita male per lui causa problemi fisici, funestata in più dalle notizie sulla scomparsa di Tom Ballard e di Daniele Nardi. La spedizione viene analizzata secondo varie prospettive, riflettendo sui diversi aspetti di una salita "solitaria" rispetto a una spedizione che si muove con una troupe cinematografica (incrociamo in questa parte figure come la regista Eliza Kubarska, il grande specialista di riprese in ambienti estremi Keith Partridge). Imperdibili e gustosi i "quadretti" dedicati all'incontro di Marcim con la vita quotidiana dei paesi che attraversa. Troviamo poi una breve parte conclusiva, densa di riflessioni, di letteratura pura al 100%. Una lucida e disincantata analisi sulla morte, su ciò che sarebbe potuto accadere se uno dei suoi incidenti si fosse rivelato per lui fatale. Cosa avrebbero detto e pensato di lui persone che gli sono e che gli erano più vicine? A rendere ancora più intimo il libro, sono i disegni della figlia maggiore di Marcin.