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L'autore analizza il teatro e la drammaturgia di Ascanio Celestini dallo spettacolo "La fila indiana" (2009) a "Discorsi alla nazione" (2013). Se negli spettacoli precedenti Celestini aveva deciso di portare in scena le storie degli oppressi da un'istituzione violenta, facendo sentire la loro voce e dimostrando come questi fossero in grado di recuperare il racconto unico della loro esistenza, negli ultimi spettacoli è l'istituzione stessa a prendere la parola, mostrando il proprio carico di arroganza e ipocrisia. L'istituzione sfrutta le proprie capacità di lusinga e seduzione per asservire individui sempre più inconsapevoli.