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Migrante e morte sono due termini che identificano due realtà molto studiate e conosciute dall'analisi scientifica, eppure per la relazione che intercorre tra di esse siamo di fronte ad un vuoto teorico e istituzionale. È urgente quindi porre attenzione alle dinamiche che scaturiscono dal loro intrecciarsi, ai nuovi sguardi di cui si arricchiscono i due termini se confrontati tra di loro. Ma l'urgenza ha anche un altro motivo d'essere, il più importante: se la morte, in tutta la pluralità delle forme che può assumere, per chiunque, è destabilizzante e apportatrice di sofferenza, per il migrante, lontano da casa e quindi privo degli strumenti sociali che leniscono il dolore e che lo supporterebbero nell'instabilità, essa è un dolore "amplificato". L'Altrove del titolo è dunque la morte vissuta e pensata lontano dalle proprie origini, ma anche l'Altrove della morte occidentale, ormai obliata, scordata e rimossa. Affrontare queste due tematiche nella loro interrelazione è dunque una questione, prima ancora che teorica o istituzionale, prettamente "umana".