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La metafisica di un fauno è un testo inconsueto per la drammaturgia contemporanea. Difficile davvero che in mezzo a tanti autori odierni che prendono di petto la realtà o che con la realtà giocano iperbolicamente spunti fuori un'opera così provocatoriamente incorporea come questa, un testo in cui il corpo - i corpi - appaiono pura epidermide, perdendo le scorie della carnalità. Tutto qui, in questa pièce, sembra così distante da ogni repertorio iconografico, sonoro, topografico sudamericano. Eppure è tutto così vero. C'è un Brasile che in pochi hanno saputo raccontare; un Brasile taciuto, segreto, nascosto. È il Brasile dei respiri che hanno la delicatezza del vento, della saudade non musicata, della malinconia di parole non dette, il Brasile dei tramonti e delle spiagge deserte, il Brasile che guarda a prima della civiltà, a prima di diventare Occidente, a quando i punti cardinali non erano che segni vuoti di senso.