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Sono trascorsi pochi mesi dalla soluzione del suo primo caso (l'assassinio di Polly Castaldi Cestelli), eppure la vita del conte Vittorio Maria Canton di Sant'Andrea non sembra essere cambiata affatto, se non in peggio. Abbandonato dal suo partner Gino, in pessimi rapporti con il maggiordomo Gelasio e afflitto dai problemi di convivenza con la caustica zia Magda, il Principe Investigatore affoga nel gelato al triplo cioccolato le proprie frustrazioni, con la «Settimana Enigmistica» alla mano e la speranza che il telefono squilli per richiamarlo all'avventura. Cosa che, miracolosamente, accade. Diana Palladio ha soltanto diciassette anni, ma un obiettivo ben preciso: riscattare il nome di suo padre Pietro Saba, scomparso quasi vent'anni prima e accusato del terribile, efferato delitto passato alla storia come Omicidio dell'Aventino, protagonista assoluto dei salotti televisivi nel 1997. Ma se la verità fosse un'altra e il vero killer si trovasse ancora in circolazione, impunito e contento? Con le sue discutibili doti deduttive e animato da un'incredibile determinazione, il conte dovrà immergersi in un mondo a lui sconosciuto, quello dell'arte contemporanea, nel cui firmamento la giovane Diana sta per essere lanciata. Tra un vernissage e una tartina, Vittorio si perderà nel labirinto della borghesia intellettuale, che la polvere preferisce nasconderla sotto il tappeto, possibilmente birmano. In quel mondo, dove impera il conformismo dell'anticonformismo, Vittorio si ritroverà immerso «come una bustina di Twining's nell'acqua bollente». Sostituendo botox e chihuahua con pennelli e opere d'arte, la seconda avventura del Principe Investigatore si sposta dunque dai palazzi nobiliari del centro di Roma agli open space di Trastevere ricavati dalle ex fabbriche che continuano a chiamarsi «opifici» sebbene vendano birra. Cambia insomma lo scenario, non il punto di vista di Vittorio, ancora una volta impegnato nel lungo e periglioso cammino per diventare un vero detective.