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Questo libro muove da un interrogativo di fondo: coloro che credono ancora nella possibilità di una società libera, ugualitaria e solidale o, in altri termini, in una prospettiva socialista, possono ancora fare affidamento sulla "sinistra"? e definire sé stessi "uomini di sinistra"? La riflessione che ne segue offre una risposta inequivocabile: non possono. Una risposta che, secondo l'autore di queste pagine, non riposa affatto sull'attuale contingenza politica che vede la "sinistra moderna" quasi interamente convertita al liberalismo, ma è inscritta nella data di nascita stessa di tale raggruppamento politico. Il presupposto di questa tesi è naturalmente che socialismo e sinistra non sono, storicamente, la stessa cosa. Né Marx né Engels, ricorda Michéa, hanno mai pensato una sola volta di definirsi "uomini di sinistra". E il movimento socialista si è tenuto, al suo sorgere, così opportunamente lontano dalla sinistra da subirne le più feroci repressioni. Ciò che definiamo "sinistra" ha in realtà, per Michéa, un'altra origine. Un'origine che risale al compromesso che le forze del movimento operaio stipularono a un certo punto della loro storia con i loro vecchi avversari della sinistra parlamentare contro i fautori dell'Ancien Régime (in Francia ciò accade con l'affaire Dreyfus). Compromesso che è il vero atto di nascita della sinistra moderna, il punto di partenza di quel processo che ha condotto alla dissoluzione del socialismo nel cosiddetto "campo del Progresso".