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Gente strana i Torinesi. Agli occhi del paese sono musoni, faticatori, obbedienti fino all'autolesionismo, squadrati come le vie della loro città. Poi si scopre che sanno essere anche allegri, vitaioli, inventivi. Con Cavour hanno fatto l'Italia in diciassette mesi; dopo di che, senza clamori com'è nel loro costume, hanno fatto gli Italiani, trasferendo su di loro un "modello" non rintracciabile altrove. Hanno avuto santi di caratura più sociale che mistica, la cui opera ha sollevato le condizioni di un popolo conservatosi a lungo miserabile, affamato, preda di epidemie e di disperazione. Quando Torino ha perduto il ruolo di capitale, hanno trovato un nuovo motivo d'orgoglio trasformandola da città di caserme e di ministeri a capitale della scienza. Hanno inventato l'industria automobilistica e il cinema. La televisione è nata qui, qui è apparsa l'industria della moda come la maggior parte delle discipline sportive. Come in un paradosso, i figli delle montagne hanno dato vita al primo Yacht Club italiano. E quanti Torinesi sono andati alla conquista del mondo con la loro genialità visionaria o tremendamente concreta: per esempio il "pomologo artificiale" Garnier Valletti, per esempio Marcel Bich, l'inventore della penna a sfera, per esempio Riccardo Gualino, il grande Gatsby della finanza spericolata e del collezionismo d'arte, senza dimenticare Francesco Cirio, che riuscì a mettere in scatola la natura, o la signora Lenci che popolò il mondo di bambole.