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Un classico dimenticato della filosofia e della letteratura, già letto e amato dal giovanissimo Nietzsche in quell'edizione del 1862 che avrebbe riversato su di lui una cascata di folgoranti intuizioni, anticipatrici di buona parte del catalogo delle idee considerate di suo conio esclusivo. Questo libro sta quindi in una fitta trama di relazioni con il pensiero contemporaneo, e nel contempo sfata ogni idealismo "arcadico" che tuttora si sovrappone al nome di Emerson. Si finisce avvolti in atmosfere estranee, non contemplate dall'odierna manualistica filosofica: qui altri sono gli umori, i toni, e la loro modulazione, come del resto vi è anche una sensibilità democratica, e tanto più genuina quanto più insofferente, e ottimista, e critica fino all'incredibile. Fra aforismi, fra aneddoti, azzardi, frammenti di poesie, si percorre l'entusiasmante vigilia della seconda rivoluzione industriale, ma anche uno dei più fatali capitoli della storia di un'America in lacerante autocontraddizione. All'origine di quest'opera, e fra le sue righe - e qui sta l'apparente enigma di Emerson, e non solo di lui - si trova la tormentata scrittura diaristica e oratoria di un antischiavista. Prefazione di Giorgio Mariani.