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In questo volume sono presentate le produzioni grafiche dei fanciulli del ghetto di Lodz, con lo scopo di riportare un "cono di luce" su di essi, a volte anche grazie ad un nome impresso su un disegno, quasi per tentare di strapparli alle tenebre dell'oblio e della morte. Tali creazioni hanno rivelato la loro interiorità, emersa anche attraverso i loro bigliettini augurali e gli inviti agli spettacoli di fine anno scolastico, in cui si ravvisano le aspirazioni, i sogni e la ricerca di una "normalità" quotidiana, che spesso si scontravano con una tragica realtà, senza prospettive di sopravvivenza. Questi ragazzini ci hanno lasciato la prova testimoniale della loro esistenza nel ghetto, a volte con il tratto e la pressione marcati sul foglio, manifestazioni di paura o di rabbia, divenuti importanti quanto le parole, proprio per essere forme primordiali di espressione: è nato così il desiderio dell'autrice di riportare in vita almeno il loro ricordo.