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Riforme, poi riforme, ancora riforme ed infine riforme. Questo è ciò che chiedono i Governi stranieri all'Italia ed è quello che noi italiani dovremmo fare per uscire finalmente dalla crisi e ritornare ad essere riconosciuti come una "grande" Nazione nonché il desiderio e la volontà delle imprese internazionali per tornare ad investire nel nostro Paese. L'Italia ormai da molto, troppo tempo non è più governata attraverso una visione di insieme ed una prospettiva realmente liberale e riformatrice. Da sempre siamo il Paese dei patti e dei contratti più che delle riforme effettivamente realizzate. Ed allora perché mai una impresa straniera dovrebbe oggi investire in Italia piuttosto che in Germania o negli Stati Uniti? E cosa potrebbe rendere nuovamente il nostro Paese appetibile dopo essere stato sino a non molti anni fa la quinta potenza mondiale? Per rispondere a queste domande Paolo Zagami chiude la sua trilogia sulla "Impresa internazionale" e svolge una lucida e dettagliata analisi, in realtà non solo economica ma anche e soprattutto politico/sociale, con accuse molto forti e precise al "Sistema Italia", vale a dire l'insieme delle componenti istituzionali, politiche, imprenditoriali, culturali e sociali che hanno contribuito al declino della competitività del nostro Paese ed a causa delle quali oggi da noi "fare impresa è una impresa". In particolare, nell'opera sono evidenziati, spesso in modo ironico e pungente, i vari problemi che frenano la nostra crescita e suggerite senza pretesa di esaustività una lunga serie di proposte, soluzioni, idee e ricette divise per nove aree tematiche ciascuna delle quali trattata sempre da un punto vista internazionale: Costituzione, Liberalizzazioni, esteri, burocrazia, lavoro, spesa, fisco, giustizia ed innovazione. Il tutto aperto, inframezzato e chiuso da una altrettanto interessante parte romanzata in cui un diplomatico di alto livello non meglio identificato ed il suo interlocutore discutono senza peli sulla lingua tra Roma e Washington di come l'Italia potrebbe e dovrebbe risollevarsi dall'immobilismo che l'ha fatta diventare da potenza industriale un Paese quasi del "Terzo Mondo".