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L'autore è un giurista, in quanto tale, un cultore della filosofia della giustizia. Poiché esiste una precisa correlazione tra l'ordine naturale e l'ordine morale e, quindi, politico, della società civile, se la scienza nega che l'esistente sia un struttura "ordinatissima", la filosofia della giustizia ne viene conformata di conseguenza. Pertanto, il giurista che voglia salvaguardare la filosofia della giustizia informata alla razionalità, deve farsi carico di stabilire se è la natura ad essere disordinata ovvero se sia la sua rappresentazione a farla apparire come tale. Il testo opta per questa seconda soluzione, dando, al tempo stesso, ragione, nel rispetto del principio di causalità, delle fenomenologie disordinanti la cui presenza non può più essere messa in dubbio. In tale contesto, il saggio si propone quattro finalità: la prima, consistente nel contribuire a emancipare la scienza dal protagonismo del caso, a liberarla dalla visione meramente quantitativa della natura; la seconda, diretta a evidenziare l'assetto dualistico dell'esistente, vale a dire, come esso sia animato da due forze cosmiche contrapposte e irriducibili a unità, donde il recupero del principio di causalità e, quindi, di una visione razionale del cosmo; la terza, tesa a far venire meno l'influenza significativamente negativa che la scienza, in ragione del suo attuale indeterminismo, esercita sulla filosofia della giustizia e della politica, nonché sulla stessa filosofia; la quarta, volta a caducare il supporto da essa dato, per tutte queste ragioni, alla riviviscenza dei fondamentalismi religiosi. Prefazione di Marco Boscolo.