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Mezzo secolo di giornalismo letterario sulle pagine del "Corriere della Sera" e de "la Repubblica" in cui Pietro Citati, tra i più poliedrici e avvincenti scrittori italiani del nostro tempo, coltiva una personalissima storia della letteratura mondiale. Dagli autori italiani di cui fu collega e amico al groviglio di destini umani che è il romanzo ottocentesco; dalle irrazionali disarmonie che tormentano il Novecento alla desolazione in cui è precipitata la letteratura contemporanea. Un'analisi che si fa racconto, al punto che pare impossibile distinguere il Citati critico dal Citati narratore. Nasce così un ibrido: nei suoi articoli autore e opera sono protagonista e trama di un appassionante romanzo critico. Come quello su Fëdor Dostoevskij: un libro invisibile scritto sui quotidiani, per lettori comuni, vincendo la faticosa sfida contro l'anacronistico elitarismo di parte della critica accademica. Ed emergendo dal caos irrefrenabile del giornalismo culturale con una tragica, geniale, sublime monografia.