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Dalla Grecia antica ai giorni nostri il piacere è sinonimo di felicità. Oggi è in vendita e ad imporlo è la pubblicità. Gli oggetti perdono il loro significato originario e divengono metafore evocatrici di prestigio. La passione ipnotica e stregata che spinge a consumare impone prodotti che permettono all'individuo di emergere, rendendolo di successo, importante, realizzato: in una parola felice. Ma è proprio questa continua corsa all'acquisto, questo arrancare che rende l'uomo moderno veramente infelice. In realtà una persona si sente stimolata e realizzata quando sviluppa un proprio stile di vita, perché soltanto allora può trovare la strada della vera felicità. Il tentativo di fondare una nuova tradizione educativa che avesse come fondamento la creatività si sviluppò a partire dal pensiero pragmatico dell'americano Dewey, discepolo del sociologo Ward. Queste idee penetrarono anche in Estremo Oriente, in particolare le ritroviamo nella filosofia del pedagogo giapponese Makiguchi.