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La storia della Calabria contemporanea narra le vicende di una regione che, per decenni, è rimasta imprigionata nel momento del non ancora, in quella dimensione a venire che proietta il presente, mai soddisfacente se rapportato ad altre realtà, al di là di se stesso, nell'attesa di un futuro economico di progresso e di modernità. Inseguendo il mito dello sviluppo la regione ha creduto di crescere allontanandosi dalle sue radici storico-culturali, dissolvendo forme di aggregazione che avevano consentito ad una società a vocazione contadina di vivere nelle ristrettezze, ma in una dimensione di povertà conviviale che preservava i valori primari della coesione sociale e della vita comunitaria. Gli effetti perversi di un'economia di dipendenza e la fine dell'illusione della crescita illimitata dimostrano che per la Calabria e per il Mezzogiorno la via d'uscita è altrove. In un modello di "economia degli affetti" che garantisca uno stile di vita frugale ma non disperato e che valorizzi la dimensione territoriale nel contesto di un'Europa "policentrica" nella quale la "mesoregione mediterranea" sia uno spazio di condivisione di culture e di riconoscimento delle alterità.