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Oggi, nel nostro Paese, le donne (e gli uomini) che lavorano sono costrette ad allontanarsi dai figli sin dalla prima infanzia; oppure, se non ne hanno intenzione, a dimettersi. Se dichiarano qualche insoddisfazione, è piuttosto verso la mancanza di un sistema capillare di strutture di assistenza alla prima infanzia realizzate e gestite dallo Stato. Ma è giusta una simile soluzione, che antepone esigenze diverse - la produttività, l'eguaglianza tra i sessi, l'emancipazione femminile - al bisogno conclamato dei figli di trascorrere i primi anni il più possibile accanto ai genitori; che scoraggia l'assunzione della responsabilità educativa in prima persona; che, proponendo lo Stato come sollecito tutore, genera la convinzione che un compito fondamentale come l'allevamento dei figli, in particolare nella prima infanzia, possa essere delegato ad altri? Davvero il principale desiderio di madri e padri è quello di lavorare, sempre e comunque, anche mentre i figli sono ancora in fasce? Che riflessi avrà questa lontananza sul futuro dell'attuale generazione infantile, abituata a crescere sin da piccolissima senza famiglia? Con uno stile brillante e di alta divulgazione, l'autrice passa in rassegna significativi casi storici e analisi finanziarie, fornendo infine una proposta di policy economicamente sostenibile e realisticamente fondata sui dati strutturali, congiunturali e antropologici del "modello italiano".