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Una vecchia borsa di pelle piena di biglietti navali, attestati, lettere e fotografie custodisce frammenti di un passato dimenticato, che racconta dell'occupazione italiana della Libia fra il 1911 e il 1943. Di quella tragedia senza riscatto, sommersa dal fluire storico quasi senza lasciare tracce nella memoria collettiva, il protagonista di questo romanzo di Sergio D'Amaro vuole ripercorrere le tappe, per dare un senso alla vita di suo padre e ai destini di tanti italiani che migrarono in Africa sotto la spinta di un sogno partorito dalla loro giovinezza. In una narrazione a mosaico, che passa dalla prima alla terza persona, mescolando documenti fotografici, epistolari e saggistici, a risuonare in queste pagine è proprio il silenzio del deserto rotto dalla furia del grande ghibli: il sogno di una conquista, la realtà di una sconfitta, l'utopia di un'Africa-Eden, tutto qui è travolto dalla titanica mano del tempo distruttore, che sommerge nell'oblio ogni cosa umana - anche la più gloriosa - insieme all'illusione dell'uomo di poter dominare le superiori leggi della vita e del mondo.