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Lo scritto esamina i principali aspetti problematici della disciplina del prestito vitalizio ipotecario, come riformata dalla l. n. 44 del 2015, che accorda alla banca mutuante, in caso di mancata restituzione del finanziamento, il potere di procedere (in alternativa all'esecuzione forzata) alla vendita dell'immobile ipotecato e di soddisfarsi sul relativo prezzo, riconoscendo al debitore l'eccedenza tra il ricavato da siffatta alienazione e l'ammontare della somma mutuata e dei relativi interessi. A fronte dell'impostazione che ravvisa nella vendita appena descritta un particolare "meccanismo marciano" (con conseguente necessità di ridefinire il confine tra convenzione marciana, tradizionalmente considerata valida, e patto commissorio, nullo ai sensi dell'art. 2744 c.c.), la valorizzazione di alcuni elementi caratterizzanti la nuova disciplina, come l'effetto esdebitativo riconnesso alla vendita perfezionata su iniziativa del finanziatore, suggerisce una ricostruzione alternativa della figura, imperniata sul concetto di operazione economica e sul rilievo attribuito dalla recente legislazione all'autonomia privata nel governo della fase "esecutiva" del rapporto. La qualificazione del prestito vitalizio ipotecario nei termini di una complessa operazione attuabile attraverso una molteplicità di prestazioni "subordinate" al mancato rimborso della somma finanziata consente infatti di individuare nella vendita dell'immobile ipotecato (promossa dal creditore sulla base di un potere eccezionalmente associato alla garanzia ipotecaria) la fonte di un'attribuzione caratterizzata dal valore di momento esecutivo dell'obbligazione restitutoria ex mutuo. Una prospettiva, quella appena declinata, in grado di sostenere anche il diverso congegno solutorio (anch'esso previsto dalla disciplina di recente introduzione) dell'accordo tra debitore e mutuante, in forza del quale il debitore medesimo accetta di addivenire alla dismissione dell'immobile ipotecato, destinando il ricavato a tacitazione delle pretese del finanziatore.