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«In quell'anno [1946], espressione d'un clima di gioia e di stanco sollievo per la fine della disastrosa seconda guerra mondiale, fecondo tracciato di miseria e volontà di rinascita d'un paese e di un popolo umiliato e vitale, moriva a Fiesole Ugo Ojetti, uno scrittore semplice e difficile secondo la geometria dell'immagine dotato d'un carattere omerico nella volontà e nella forza; a ben riflettere, caravaggesco per lo stile e la propensione all'utilizzo, in soffuse atmosfere sospese in chiusi orizzonti, di rapidi fasci di luce illuminanti le banali essenze e le indefinite qualità umane di vite incapsulate dalle prefissate condizioni sociali, giudicate "tout court" assolute e non suscettibili di dubbiose analisi interiori atte a innescare la libera ricerca d'un diverso e più determinante autore».