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Il messaggio della lirica oraziana, più che costituire la base dell'impianto poetico, in realtà fornita dall'impressione empirica soggettiva, più che imprimere forma al contenuto poetico, è talvolta la leva che consente a Montale (e, di scorcio, a Sereni e a Fortini) di attivare quel processo che favorisce l'emersione della propria identità esistenziale. Nella triade 'disperata' sembra risvegliarsi la consapevolezza di essere quel che non fu, nella sua essenza, il poeta antico. La «recidiva speranza» di Sereni come anche la 'disperazione calma' di Caproni sono l'approdo di una riflessione esistenziale in cui naufraga il precetto di 'cogliere l'attimo'. Le icone del bivio e del varco, in cui si compendia l'universalità dell'esperienza umana, nella loro funzione di correlativo oggettivo, sono elevate a simbolo di immagini poetiche capaci di sconfinare imponendosi sui limiti temporali. L'incidenza del vate latino di età augustea sui poeti del nostro tempo, che, comunque, produce un effetto e contrario, è occasionale, il rilievo della traccia può essere in qualche caso labile: Montale, va da sé, esprime il suo mondo autonomamente, a prescindere da qualsiasi confronto, associabilità o dissociabilità; in un momento altro da quello della ispirazione iniziale, successivo nel senso psicologico e non cronologico, può accadere che il suo pensiero s'imbatta, grazie ad un'eco di memoria, nel pensiero conservato in un testo antico, e che tra i due registri si rivelino antitesi definitive, e così puntuali da apparire nel testo recentior coscientemente antinomiche al testo vetustior, ed intenzionalmente evocate per fini comparativi. Il profilo delle incompatibilità è successivo all'atto creativo, mai potrebbe rivelarsi produttivo di esso.