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Si afferma tradizionalmente che una delle caratteristiche più importanti dell'arbitrato, che lo contraddistingue rispetto al giudizio statuale, è la flessibilità delle sue regole processuali. L'autrice si è posta l'obiettivo di indagare sulla flessibilità arbitrale, partendo dal suo significato, per poi ripartire l'analisi fra i poteri di determinazione delle regole che spettano alle parti e quelli, residuali ma certamente assai rilevanti nella prassi, che competono agli arbitri. Se i primi sono dominati dal principio di buona fede, e trovano un limite alla loro ampiezza nei casi che l'autrice definisce «a tecnica arbitrale differenziata», i secondi debbono conformarsi ad una pluralità di criteri - in particolare, l'analisi ne individua cinque - che permettano il raggiungimento dell'obiettivo di un processo efficiente.