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L'Unione economica e monetaria europea è frutto di un progetto ambizioso: creare un unico mercato che impiega un'unica moneta. Negli anni Novanta si è voluto fare un passo avanti verso una «unione sempre più stretta tra i popoli» e - allo stesso tempo - presentare l'Europa al mondo come un blocco sempre più integrato, capace di dialogare alla pari con gli Stati Uniti, prima ancora che altre potenze economiche si affacciassero all'orizzonte. Peccato che il progetto fosse già in partenza incompleto: l'unione monetaria sì , ma non l'unione economica - ovvero né governo dell' economia, né tantomeno capacità di gestione delle crisi. Le competenze dell'Unione si arrestano sulla soglia del coordinamento delle politiche economiche nazionali. Per comprendere e analizzare criticamente le multiple crisi europee - crisi dei debiti sovrani, crisi di liquidità, ma anche crisi di identità e di leadership - bisogna partire dall'evoluzione normativa degli ultimi cinque anni: osservare la crisi del diritto, rivelatosi inadeguato, e ripercorrere l'elaborazione del diritto della crisi, che presenta tutti i limiti dell'emergenzialità . Da questo mosaico affiora il quadro delle riforme possibili per recuperare la visione iniziale, che non è puramente economica, ma anche geopolitica e risponde all'esigenza di difendere un modello economico e sociale - specificamente europeo - che un continente frammentato ed esposto alla concorrenza globale vedrebbe a rischio.