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Il silenzio del diritto, descritto nel volume, non si limita a rintracciare la discussione tacita del costrutto giuridico, ma lo scompone in molti frammenti caleidoscopici, seguendo un percorso volutamente divagante, in realtà filologico ed etimologico. Il "vedere bello" attribuisce allo strumento del diritto una funzione nuova, simmetrica ad altre, apparentemente lontane, come la letteratura, fino ad una familiarità dei linguaggi, sorprendente per la forza e il fascino con cui si esprime. Il silenzio del diritto s'accosta al "vero", come bisogno dello spirito anelante, un po' tradisce la formazione dogmatica del giurista, un po' la consola di forme retoriche illuminanti.