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Al momento della presa di Roma e della sua proclamazione a capitale del regno, la creazione di una grande biblioteca nazionale, che rappresentasse l'unità italiana anche attraverso la cultura, la scienza e l'arte, in linea con molti altri stati europei, costituí un tassello strategico importante del processo di riforma dell'amministrazione pubblica del nuovo Stato. La situazione della penisola offriva però già un ventaglio variegato di istituzioni bibliotecarie nelle capitali degli antichi stati preunitari, fatto che, insieme a numerose problematiche logistiche e organizzative emerse fin dalle origini, non portò mai a pieno compimento il progetto di far diventare la Biblioteca nazionale centrale di Roma la biblioteca nazionale d'Italia, neppure quando essa dal Collegio Romano, dove era stata inaugurata nel 1875, venne riaperta cent'anni dopo nell'edificio all'avanguardia del Castro Pretorio. La storia del primo secolo di vita, pur contraddistinta dall'erogazione di un servizio a due binari spesso in contraddizione - da una parte, l'alta cultura e la conservazione della memoria editoriale del Paese; dall'altra, la pubblica lettura - costituisce però un paradigma dell'evoluzione delle teorie e delle pratiche bibliotecarie italiane, e della formazione della classe dirigente del settore.