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Se, da un lato, la pratica che contraddistingue l'attività del filosofo è, secondo Platone, il commercio costante con enunciati e argomentazioni, un'attività comune anche al sofista, dall'altro, essa non può essere disgiunta da un interesse genuino per la verità di ciò che viene detto (ad esempio, nel corso di un confronto dialettico). La tesi centrale sostenuta in questo libro è che proprio l'analisi degli enunciati, la comprensione della loro struttura e la caratterizzazione, a partire da essa, delle condizioni alle quali essi possono dirsi veri o falsi, sono, per Platone, un presupposto irrinunciabile per il successo dell'impresa stessa di definire il filosofo e il contenuto del suo sapere, in quanto distinto dal sapere soltanto apparente del sofista. La fecondità e l'originalità delle intuizioni semantiche e sintattiche contenute nel "Sofista" sono inoltre messe in risalto mediante un costante raffronto con le teorie della predicazione più influenti nel dibattito contemporaneo (Frege, Strawson, Quine, Davidson, Künne).