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Vivere una vita femminista in un mondo non femminista può essere faticoso, perché faticoso è lottare contro la violenza di un sistema che ci promette la felicità solo a patto di adeguarci ai suoi meccanismi. Intrecciando la sua narrazione con quella di altre femministe nere e of color prima di lei, Sara Ahmed ci offre una riflessione personale e politica sull'esperienza quotidiana di una vita dedicata a essere quella che chiama una killjoy femminista, una guastafeste, un'ammazzagioia. Vivere una vita come guastafeste femministe significa assumersi la fatica di abdicare alla normalità ed essere caparbiamente inopportune nel mettere in discussione l'orizzonte di felicità socialmente appropriato. Ahmed ci propone strategie di sopravvivenza affinché il femminismo possa continuare a esistere e a cambiare il mondo, ci sprona a coltivare l'insoddisfazione che ci spinge a creare "il mondo a cui aspiriamo", ci incita a svelare la violenza che si nasconde negli imperativi della norma, a trovare soluzioni creative agli ostacoli quotidiani e a creare reti di cura e supporto per continuare la lotta. Vivere una vita femminista è una riflessione teorica che si fa prassi: il libro mette a disposizione un manifesto e un kit di sopravvivenza per killjoy femministe, una sopravvivenza intesa come un progetto collettivo per mantenere in vita noi stesse e la nostra lotta. Perché, per sopravvivere, il femminismo ha bisogno delle femministe tanto quanto le femministe hanno bisogno del femminismo. Una vita femminista non è solo fatica, e prendersi cura di noi stesse è parte integrante della lotta: circondiamoci di tempo, vita, ironia, emozioni, corpi e di altre guastafeste per costruirci una felicità collettiva, una felicità femminista.