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Il breve "Problema XXVIII", facente parte della raccolta di "Problemata" attribuita nell'antichità ad Aristotele, tratta una delle virtù poi generalmente definite "cardinali", la temperanza (sophrosyne), insieme all'opposto vizio dell'intemperanza (akolasia) e a una coppia di stati abituali dell'anima, la continenza (enkrateia) e l'incontinenza (akrasia), non definibili una virtù o un vizio a pieno titolo. Non si tratta di un'indagine esaustiva o sistematica, ma di una serie di domande particolari, talvolta bizzarre, cui si cerca di fornire una risposta plausibile, secondo un modulo tipico dei Problemi aristotelici. Benché opera di scuola, il "Problema", uno dei meno studiati dalla critica, si caratterizza per una certa originalità di approccio, affrontando le questioni poste in una prospettiva sia semantico-linguistica che fisiologica. Lo scritto costituisce un documento dello sforzo, operato nel Peripato, di proseguire l'indagine sulla natura corporea delle affezioni dell'anima, tema centrale in Aristotele, ma da lui non perseguito sino in fondo nei dettagli.