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"Viviamo in un tempo dove soprattutto le donne sono maltrattate, e non bisogna dirlo per avere consenso, né solo come cronaca, ma perché chiunque porti qualcosa a questo albero che si chiama donna, e in modo tale che cresca mettendo radici dove finalmente un giorno non si possa più parlare di terreno avvelenato, o di frutti che non potranno essere come si vorrebbe che fossero". Lorenzo Zino ritorna ad indagare i sentimenti misurandosi col rischio più potente della nostra epoca: l'amore che diventa possesso, sopraffazione dell'altro, violenza fisica e psicologica. Lo fa, come sempre, nell'incontro col pubblico in diretta, di fronte a persone che ascoltano per sentire qualcosa che consenta loro, qua e là, di riconoscersi in grado di poter amare ed essere amati nel rispetto e nella lealtà. "Amore mio. E possibile? È possibile che si dia del mio, se non come delirio? È possibile che un amore non paghi un prezzo potente al bisogno di possedere ed essere posseduta? Altra cosa sono le figure dell'atto sessuale, le figure - nel senso della coreografia - dell'atto d'amore. Mi sento tuo, mi sento tua, mi sento come tu mi vuoi, e così via. Ma sono momenti, non uno stato di fatto. E scambiare questi momenti con un tratto di realtà, di solito porta solo sciagure". "Si tratta, viceversa, di incontrare qualcosa negli occhi di un altro che ci dia sorte migliore rispetto alla notte della terra, alla notte che oscura. Incontro te, e nei tuoi occhi vedo la possibilità di sentirmi più vera, di poter avere una sorte migliore rispetto a quella di adeguarmi solo e soltanto a ciò che mi darà consenso".