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Aveva colto nel segno Giacomo Leopardi, quando riassumeva il fascino di Pisa nella capacità di coniugare, in un "misto così romantico, che non ho mai veduto altrettanto", le due anime di città grande e piccola, di "cittadino" e "villereccio". Era - e lo è ancora - l'immagine più bella e più vera della città, della sua storia e della sua identità. Una memorabile mostra lo aveva raccontato, proprio nelle sale di Palazzo Lanfranchi. Come lo avrebbero raccontato, in altre occasioni, i disegni eleganti di mademoiselle De La Morinière o i ritratti di Elisa Toscanelli. Eppure, accanto a quelle memorie raffinate e preziose, ancora mancava un'occasione per presentare un inedito patrimonio di ricordi di un '800 più privato, domestico, narrato dalle tante pagine di taccuini di famiglia recuperati da vecchi bauli e in cui è possibile tornare a misurare quell'irresistibile "misto" di cittadino e villereccio. Una Pisa nobile e dégagé che, con spirito toscanissimo, si prende in giro in una divertita e divertente dimensione caricaturale. Una Pisa in cui, come oggi, si andava "a spasso lungo l'Arno", nella piazza dei Miracoli o "di fuori la Porta alle Piagge", dove si incontravano Giovanni Rosini o "il Cuppari sulla strada Calcesana", quando le smanie della villeggiatura portavano a Viareggio, "per mangiare un po' di pesce buono" e annoiarsi in santa pace.