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Lo smarrimento può essere generato dalla sofferenza psichica o, all'opposto, dalla spinta verso l'autonomia e dalla meraviglia legata al nuovo, alla dimensione della possibilità e a quella del desiderio. Ci possiamo sentire smarriti rispetto alle esperienze e alle persone perdute, per il confronto con l'altro e con la sua diversità o, ancora, se ci inoltriamo nei territori della follia. Ci possiamo sentire smarriti, inoltre, per le nostre trasformazioni nel tempo, ma possiamo anche imparare a guardare con indulgente tenerezza, anziché con timore, il nostro corpo che cambia e il nostro mondo interno nel quale, mentre si accumulano esperienze, si rarefanno o perdono i ricordi. L'oblio ci precipita, allora, nella vertigine della consapevolezza emotiva della nostra fragilità. Scoprire di essere in larga misura impossibilitati a controllare la nostra vita genera umiliazione e angoscia e porta con sé anche un'insicurezza identitaria profonda. Lo smarrimento che ne deriva ci mette a contatto con i nostri limiti e tuttavia possiede anche un altro volto, che si manifesta come incoraggiamento a valicare nuovi confini e a risignificare il nostro passato in funzione dei desideri del presente. Per godere della gioia bisogna lasciare che essa sia anche un po' venata di malinconia e imparare così, fin da piccoli, a muoverci temerariamente, tra luci e ombre, prendendo sotto braccio la paura e addomesticandola. È questa, forse, la sfida più complessa di ogni percorso educativo.