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L'attribuzione al fantomatico Gentile Sermini di un novelliere senese di metà Quattrocento pare essere il frutto di una congettura dell'erudito veneziano Apostolo Zeno che, a metà Settecento, associò questo nome alla raccolta. In realtà, i due testimoni che tramandano l'opera sono adespoti e numerosi indizi disseminati nelle novelle e nelle poesie dimostrano la volontà dell'autore di mantenere l'anonimato. La raccolta del Senese, qui ribattezzato Pseudo-Sermini, viene pubblicata ora per la prima volta in un'edizione critica e commentata che, oltre a riproporre un testo da lungo tempo assente dalle librerie, restituisce al pubblico una silloge vivacissima e preziosa per le peculiarità fonetiche, morfologiche, lessicali e sintattiche che presenta. Il "paneretto d'insalatella" - così l'autore definisce la sua opera - si immette sulla fortunata scia solcata dal "Decameron" e subito instaura con esso un dialogo vivace e fecondo all'insegna dell'ironia.