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Più che di una poesia di interpretazione, quella di Casimiro (e specialmente questa che si trova sulla Via), è una poesia di interpellazione, uno sguardo che si frappone, fra la mente e e le cose, fra le cose e il lettore, anche, sempre nella certezza, però, che niente possediamo, e siamo, semmai, posseduti dalle cose, lungo un cammino in cui l'unica forma possibile di azione è la contemplazione contro l'ideale del possesso, la ripetizione dei gesti e delle parole come rituale dell'abbandono, il consegnarsi a mani vuote, il respirare contro il "pensare", fino alla confluenza assoluta (o desiderata) in un tutto cosmico.