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"L'Italia rimane ancor oggi in molti aspetti fondamentali un precario amalgama di regioni profondamente diverse, animate da diffidenza reciproca o da mutua incomprensione. Quella che si definisce lingua italiana è perlopiù un mezzo di comunicazione al quale si fa ricorso per comodità. Le parlate regionali, le cui molte particolarità e incomprensibilità reciproche vanno ben al di là della loro qualifica di dialetti [...] continuano a dominare". George Steiner si è così espresso sull'Italia e sull'italiano in un articolo comparso sul New Yorker una ventina di anni fa e recentemente pubblicato in traduzione italiana. A cavaliere dei secoli ventesimo e ventunesimo e, con la traduzione, a un passo dal centocinquantesimo anniversario dell'unità politica italiana, lo scritto di Steiner ribadisce a un pubblico internazionale un luogo comune e agli Italiani ciò che gli Italiani sanno bene, perché sta giornalmente sotto i loro occhi, nelle loro orecchie, sulle loro bocche.