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Se l'opzione preferenziale per i poveri esprime il centro della cura che il cristiano ha per il sociale, il tema dell'inclusione rappresenta la dinamica mediante la quale il cristiano è chiamato ad aggredire i problemi relativi alla povertà - intesa come indigenza. Includere significa condividere, partecipare, passare dalla condizione di estraneo e di disadattato a quella di integrato e di soggetto attivo; in pratica, significa passare dalla condizione di suddito a quella di cittadino sovrano. A questo livello della discussione entrano in gioco le istituzioni, il loro ruolo e la loro qualità. In pratica, speciali manufatti dell'umana creatività, capaci di esaltare la dignità della persona, nella misura in cui il processo che attende alla loro genesi non si risolva nel principio costruttivista e centralista, messo in atto da un bene o male intenzionato "grande pianificatore", bensì in quelli di sussidiarietà e di poliarchia che prevedono l'esercizio della "via istituzionale della carità". Inclusione è il filo rosso che lega tutta la riflessione di Papa Francesco sulla questione sociale e che esprime anche il ponte che unisce il Magistero sociale di almeno tre degli ultimi Pontefici. Ed è proprio su queste riflessioni e con il consueto approccio interdisciplinare che si è sviluppato il IV colloquio annuale di Dottrina sociale della Chiesa, organizzato dall'Area Internazionale di Ricerca "Caritas in Veritate" della Pontificia Università Lateranense.