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Nel diritto italiano il tema della ragionevolezza, da tempo oggetto d'attenzione dei costituzionalisti e degli amministrativisti, affiora oggi sempre più spesso anche in ambito civilistico e penale. In particolare, sono di grande interesse i suoi impieghi attuali nelle discussioni sul contratto e sulle fonti di origine privata. C'è chi sostiene che la ragionevolezza sia una formula vuota usata per coprire conclusioni ad hoc, mentre altri la ritengono un concetto fecondo; si discute inoltre se essa abbia un significato unitario e quale esso sia. Ragionevole sembra essere ciò che è del tutto ovvio e fuori discussione, ma è anche il risultato della comparazione tra le ragioni rilevanti a una questione pratica che è ragionevole discutere. La ragionevolezza, dunque, riguarda anche se stessa. Si potrebbe perciò dire che il carattere ricorsivo della ragionevolezza dissolva l'idea o, per meglio dire, l'ideologia che essa abbia una essenza contraddittoria. Proprio a partire da tale intuizione, questo libro mira a realizzare una chiarificazione concettuale mediante un'indagine sulle premesse filosofiche del ragionevole giuridico. Sebbene infatti la ragionevolezza sia una parola di senso comune, per individuarne il significato e i limiti è necessario guardare alla storia delle idee e all'elenco dei valori che sono sempre impliciti nel giudizio sul ragionevole.