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Non tutto è rosa e fiori nelle organizzazioni lavorative. Spesso emerge un cono d'ombra nel quale prosperano sgarbi, sopraffazioni, rancori, capi spregiudicati, colleghi invidiosi, segretarie-amanti. Un lato oscuro dove l'avidità può portare a tradire gli amici, il carrierismo può indurre a falsificare dati, e anche l'amore può essere finalizzato a qualcosa di inconfessabile. Per fortuna, non sempre è così. In alcune aziende i rapporti capi-dipendenti sono stupendi: improntati a chiarezza, onestà, fiducia reciproca. In altre sono cattivi, addirittura brutali. E la causa prima sta sempre in chi impugna il bastone del comando, a tutti i livelli dell'organizzazione. Troppo spesso i capi dimenticano che l'azienda è formata da esseri umani che vogliono una meta e una dignità, che vogliono sentirsi apprezzati e stimati. Troppo spesso dimenticano che un'azienda prospera e fiorisce solo quando diventa una comunità morale dove i partecipanti formano un gruppo solidale, dove tutti si prodigano e si rispettano reciprocamente. Quando si spezza la comunità morale, e il gruppo resta unito soltanto dalla ricerca del potere e del guadagno, il suo destino è segnato: o fallisce, o sprofonda nella mediocrità. Occorre che le aziende possano contare, oltre che su grandi leader carismatici, su una base di capi intermedi in grado di presidiare con successo la comunità morale.