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Quando ci si volta a guardare gli anni dell'infanzia, li si trova in una dimensione mitologica, ed è difficile separare i fatti reali dalle esperienze fantastiche. Quando gli anni sono pochi, invece, non si è ancora così fastidiosamente puntigliosi, ed è del tutto normale - e di volta in volta eccitante o pauroso - incontrare un orso con scarpe e gilet, rischiare l'arresto pur di impossessarsi di una bussola argentata, scoprire un'inattesa parentela con Dio (ma anche fare amicizia con Bruce Lee, inventarsi un'infanzia sovietica, trascorrere i pomeriggi in compagnia di un corvo e un cane). A distanza di tempo non è facile raccontare come si era da piccoli, restituire quella paura, quelle estati infinite, annullando gli anni trascorsi. Ci riescono gli autori di questi racconti, estraendo momenti così netti e decisivi che non sembrano poi lontani, atmosfere così familiari che non conta a chi appartengono, perché in tanti le riconosceranno. Racconto dopo racconto, non importa più che cosa è accaduto e che cosa è inventato, perché nell'infanzia tutto succede davvero.