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È quasi un capriccio, uno scherzo, quello di tagliarsi i baffi, da parte del protagonista di questo inquietante romanzo. Ma ci sono scherzi (Milan Kundera insegna) che possono avere conseguenze anche molto gravi. Il nostro non più baffuto eroe si troverà infatti proiettato di colpo - lui che voleva solo fare una sorpresa alla moglie - in un universo da incubo: perché tutti quelli che lo conoscono da anni, e la moglie per prima, affermano di non averli mai visti, quei baffi, e che dunque nella sua faccia niente è cambiato. Il mondo comincia allora ad apparirgli «fuor di squadra», e il confine tra la realtà e la sua immaginazione sempre più sfumato. Delle due l'una: o è pazzo, o è vittima di un mostruoso complotto, ordito dalla moglie con la complicità di amici e colleghi, per convincerlo che è pazzo. Non gli resta che fuggire, il più lontano possibile. Ma servirà? O non è altro, la fuga stessa, che il punto di non ritorno? Per nessun lettore sarà facile ripensare a questo libro - in cui ritroviamo le atmosfere visionarie e paranoiche di quel Philip K. Dick sul quale Emmanuel Carrère ha scritto - senza un brivido di turbamento.
“I baffi” è un romanzo giovanile dell’eclettico scrittore francese Emmanuel Carrére, recentemente ripubblicato da Adelphi. L’abbrivio della narrazione è un capriccio del protagonista, che decide di tagliare i baffi, pregustando con divertimento la reazione della moglie, che lo delude non registrando il cambiamento e negando, quando glielo farà notare, che abbia mai portato i baffi. Inizialmente pensa di essere vittima di uno degli innumerevoli scherzi della moglie di cui finora è stato solo spettatore e imputa l’assenza di reazione da parte di amici e colleghi ad una richiesta di complicità da parte della donna. L’inquietudine aumenta quando lei lo contraddice su di un viaggio, e persino sulla composizione della famiglia d’origine. L’uomo si interroga, la tensione lo pervade, ipotizza diversi scenari. Sarà vittima di una macchinazione? Oppure sta impazzendo? O non sarà la moglie a soffrire di una malattia mentale? Un attacco geniale per un libro straordinario se letto all’inizio della carriera dello scrittore ma che delude chi ha imparato ad apprezzarlo per titoli successivi. Pur mantenendo, almeno fino a due terzi del romanzo, un buon ritmo narrativo, non è ai livelli di capolavori come “Settimana bianca”, uno dei noir più interessanti degli ultimi anni, “Limonov” e “L’avversario” dove si appropria di vite reali trasformandoli in personaggi reali che sembrano usciti dalla sua penna. Ve ne consiglio la lettura, per la genialità dell’ispirazione, per lo stile raffinato e la capacità dello scrittore di caratterizzare con estrema sensibilità, personaggi complessi e non banali. Ma l’approccio un po’ pirandelliano al tema dell’identità, resta irrisolto, come un quesito a cui l’autore non sa dare risposta. Ci sono i prodromi dell’autore di razza, che ci ha regalato libri perturbanti, come il già citato “Settimana bianca”. Io sono particolarmente severa: avendo letto i suoi capolavori, ho aspettative alte nei riguardi di Carrére. Per chi non lo conosce, è un buon libro per iniziare ad annusarlo.