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"Fra questi racconti alcuni portano in scena poltrone, divani, armadi e altri mobili, in ispecie di personaggi sensibili, parlanti e operanti". Così scrive Savinio, ed è la più efficace presentazione di questo libro, frutto maturo della sua migliore vena narrativa, lussureggiare di immagini in acrobatico equilibrio tra realtà e allucinazione. Così, nella "Pianessa", la signorina Fufù, "vecchia zitella dal nomignolo a vapore e stantuffi", dopo essersi fatta sedurre dall'"occasione stupenda" di "un pianoforte a coda e lungo come una balena, basso sulle zampe tarchiate e tozze", ne avverte la virile presenza con profondo turbamento, salvo poi trovarsi di fronte a una clamorosa agnizione. In "Casa della stupidità" una statua di marmo che sostiene il balcone di un palazzo decide di "andarsene", ben contenta di provocare in tal modo il crollo dell'edificio, giacché tra quelle mura alligna la "stupidità a tutti i piani, in tutte le camere, nei corridoi, nei ripostigli, dalla cantina al solaio". In "Bago" Ismene trova comprensione e protezione nel vecchio armadio che l'ha vista nascere e con il quale ogni giorno si confida, "seduta accanto al battente socchiuso, come per ascoltare i battiti di quel cuore tenebroso ma profondamente buono"...