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Un certo Lord Petre ebbe l'ardire di tagliare surrettiziamente un ricciolo di Lady Arabella Fermor - e il gelo calò fra le due famiglie: finché un giovane e già celebre poeta ricevette il delicato incarico di scrivere una poesia che contribuisse a rasserenare gli animi. Futile occasione, si direbbe: se non che l'artista interpellato era il beffardo e geniale Alexander Pope, "piccolo usignolo" della Chiesa cattolica nell'Inghilterra settecentesca. Così "solleticato", Pope compose un poemetto che per inventiva, passionalità ed estro poetico tocca punte di epicità omerica: non per niente lavorava a quel tempo a un'epocale traduzione dell'Iliade. La sua, però, è una guerra in miniatura, incentrata sull'eterna, risibile "guerra dei sessi". Il testo riscosse un immediato successo di pubblico e suscitò inviperite reazioni nella buona società. Ma Pope, per ribattere, inventò la, per così dire, pars deconstruens: scrisse un commento che è una chiave di lettura ultratendenziosa della sua stessa opera e insieme la satira di ogni pretesa interpretativa.