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"Il primo postulato dovrebbe essere questo: non è affatto ovvio che l'uomo possa esistere" (Blumenberg). Muovendo da questa tesi radicale dell'antropologia filosofica novecentesca riguardo alla "povertà biologica" della specie umana, il saggio di Scurati affronta il nodo che da sempre avvince letteratura e violenza. Attraverso un serrato confronto con la filosofia, la teoria letteraria e le scienze sociali, il libro individua l'essenziale della parola letteraria nel contributo che la sua componente retorica e comunicativa fornisce alla lotta interminabile con cui la specie umana - costantemente sottoposta alla minaccia di autoestinzione - tenta faticosamente di mantenersi in vita. Il dono che giunge all'umanità da questa capacità di sottrarsi alle pretese assolutistiche della realtà sarebbe perciò non la verità, o la bellezza, ma la sopravvivenza stessa.