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Apparso nel 1525, più volte ristampato e tradotto in francese, il "De harmonia mundi Cantica Trio" del francescano osservante Francesco Zorzi (Francesco Giorgio Veneto) rappresenta un culmine del pensiero rinascimentale. In tre cantici, dedicati a Dio (creatio), a Cristo (redemptio) e all'uomo in prospettiva escatologica (restitutio), l'autore propone una sintesi grandiosa dei motivi che erano stati al centro della rinascita nel segno della concordia promossa da Marsilio Ficino e Giovanni Pico della Mirandola e delle idee proprie del suo ordine. Vediamo così intrecciarsi agostinismo e scotismo a neoplatonismo e qabbalah nel tentativo, tanto generoso quanto apparentemente inefficace di difendere e consolidare un metodo simbolico capace di pensare insieme l'unità e la molteplicità del reale senza cedere alle istanze sempre più forti alla frammentazione che segnarono l'epoca sua. La chiave di questo trattato è collocata nell'armonia, certo come ripresa dell'antico tema neoplatonico, ma aperta a esplorazioni nell'inaudito come la tradizione esoterica ebraica che serviva a confermare la riducibilità del tutto a parola e di qui al numerus, nel molteplice senso di logos, ritmo e cifra.