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Da venticinque secoli il teatro mette in scena personaggi che si offrono a un'identificazione emotiva tutta particolare, perché esaltata nello spettatore dalla condivisione della stessa esperienza, dei suoi tempi e dei suoi ritmi, e più ancora dal valore di verità a cui essa ambisce, chiamandoci a penetrare nel vivo delle più profonde istanze umane. La domanda sul senso del teatro discende direttamente da quella sul senso della vita: se esista e come si configuri un'identità consistente e unitaria dell'uomo, e quindi una sua libertà, spinta a confrontarsi col concetto insieme angoscioso e consolatorio di fatalità; come si articoli l'eterna dialettica di desideri e remore, che chiama in causa la difficile interiorizzazione del giudizio morale. Questi problemi vengono ripercorsi nel libro attraverso il contatto diretto e appassionato con molti capolavori, che per lo più si addensano in momenti strategici della storia culturale: l'Atene del V secolo a.C., Seneca come ineludibile crocevia della modernità, la gigantesca creatività di Shakespeare, il classicismo francese, il fervore progressista dell'Ottocento, la crisi e la rivolta anti-aristotelica del secolo che ci siamo appena lasciati alle spalle.