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Dopo la Grande guerra e la Rivoluzione d'Ottobre la macchina (che aveva già caratterizzato dal punto di vista materiale l'industrialismo ottocentesco) diventa un'idea-simbolo trainante con riscontri culturali oltre che politico-organizzativi in tutto il mondo. Il libro ricostruisce il significato politico della macchina nelle avanguardie artistiche, oltre che le affinità e le divergenze dei loro discorsi, orientati alla rifondazione di una società e di un uomo completamente nuovi. Esso analizza inoltre il dibattito sulla razionalizzazione in Germania, Francia e Italia, la ricezione del taylorismo e del fordismo in questi paesi e nel "discorso" degli artisti. L'autrice, sfuggendo alla tentazione di leggere l'intreccio dei due "campi" di politica e arte nella modalità tradizionale di causa-effetto, presenta invece l'estetica modernistica degli anni Venti e oltre come vera e propria elaborazione di un "ordine nuovo", spesso sfociante in utopia.